"Si fa arte perchè il mondo è imperfetto"

Paul Auster

SIGFRIDO OLIVA: INCANTI ONIRICI DI LEGGEREZZA E SEMPLICITÁ
Nelle sorgenti oniriche di Sigfrido Oliva, l’amata Roma si riflette e si specchia in un silenzio che avvolge le cupole, i muri, il cielo, gli obelischi, le case e i ponti. Leggeri e sfumati i tratti di colore della città capitolina, in parte svelata nella sua chiarezza, affinché l’osservatore possa carpirne le ombre, le luci e la complessità urbana madida di silenzio.
Oliva oltrepassa la dimensione fotografica nei suoi scorci, a volo di uccello, perché essi diventino delle intime ouverture di fraseggi tonali che annunciano Roma, ma non la denudano. La sorvegliano, la custodiscono e la mostrano in una immagine sfocata che ricorda il cinema muto.
Taciturna e profonda, la sua pittura risale da acque oniriche, dove vibrano sintassi malinconiche e, vagamente, nostalgiche, dalle quali si dirama l’incanto della bellezza e della semplicità dello svelare senza denudare. Una rielaborata prospettiva aerea leonardesca, nella quale piani pulviscolari, come se fossero lenti, separano lo sguardo del pittore dal respiro della città silente, in cui l’orizzonte è vicino.
Ed è un profondo atto d’amore che ricorda la passionalità di Pablo Neruda: «Mi piaci silenziosa, perché sei come assente/Distante e dolorosa come se fossi morta/Basta allora un sorriso, una parola basta/E sono lieto, lieto che questo non sia vero».
Un’amorevolezza infinita verso l’amata Roma, la cui visione nitida appartiene ad uno sguardo retinico, che l’artista vuole trascendere per avvicinarsi ai respiri dell’urbe e darne testimonianza emotiva.
Le vedute di Oliva sono privi della monumentalità, che caratterizza Roma, e sembra che la sua pittura riesca a togliere il peso per affermare una ricerca di leggerezza: «elemento senza peso, che aleggia sopra le cose come una nube, o meglio un pulviscolo sottile, o meglio ancora come un campo d’impulsi magnetici..». Questa leggerezza caratterizza anche le sue figure umane, quasi sospese, e si ha l’impressione che possano, improvvisamente, svanire davanti agli occhi di chi le osserva.
Un’arte, quella di Oliva, che condensa in sé una sapiente tecnica pittorica e paesaggistica nell’utilizzo dei colori e nelle pennellate eleganti e sottili. Questi lavori pittorici, ma anche le sue incisioni, sono un incanto di leggerezza ed essenzialità in una contemporaneità troppo complessa e rumorosa, dalla quale è distante la sua visione pittorica e il suo nuovo atelier. Un laboratorio silenzioso, che si affaccia nel giardino della Chiesa Valdese, dalla quale giunge la musica dell’organo, che inebria i processi artistici e la creazione. E davanti alla porta del suo studio, una panchina attende, beckettianamente, il pulviscolo cromatico della leggerezza di una pittura, che è un omaggio alla bellezza e alla semplicità.
Nilla Zaira D’Urso