È stato un grande onore avere la possibilità di essere relatrice come critico d’arte e allo stesso tempo mediatrice al Convegno sull’Iperrealismo con l'artista Silvia Pagano, il Ministro Alfano, il Senatore Albertini e il Senatore Turano presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica, caratterizzata da affreschi del tardo Cinquecento nella volta, la cui bellezza toglie il fiato, e sulle pareti arazzi del Seicento, intervallati da seduttive colonne tortili di epoca barocca.
In questo luogo storico - Palazzo Giustiniani – è stata scritta la Costituzione e sapere questo ha reso ancora più emozionante poter parlare di arte, di “questa cosa” che muta, cambia e non intendo definire perché qualunque definizione toglie le infinite possibilità del tempo e della storia.
L’Iperrealismo presenta una realtà ingigantita, una visione di dettagli nitidi in grado di oltrepassare lo sguardo retinico, di sfidare l’obiettivo fotografico per togliere il peso alla realtà, trasferendo la visione delle cose su un piano senza tempo. L’immagine diventa congelata, sospesa. Immortale.
La si osserva con estrema sorpresa, chiedendosi se si è davanti a una fotografia perché l’opera iperrealista consegna una domanda, un dubbio e porta in altri territori dove prende forma la ricerca dell’arte dinanzi alla vita.
Non è un caso che questa corrente artistica sia nata negli anni Sessanta negli Stati Uniti, quando già Jackson Pollock aveva mediato il rapporto con l’opera attraverso l’action painting e il dripping; Marcel Duchamp aveva dichiarato che un’opera d’arte può essere anche un ready made – un oggetto già esistente - come un orinatoio maschile (Fountain, 1917); John Cage aveva inventato la prima Perfomance audio-visiva come Variations V nel 1965 dopo gli Happenings di Allan Kaprow (1958).
Nel XX secolo vengono rifiutate le identità chiuse dell’artista e dell’opera che comincia a diventare una emanazione del progetto dell’artista: un work in progress, un evento, un "salto nel vuoto", un “ritardo”, una rottura, un “taglio”, una provocazione.
Dalle arti visive alla letteratura, che sperimenta l’estetica della frammentarietà con Roland Barthes, alla teoria della relatività di Einstein fino alle teorie filosofiche di de-centramento e de-costruzionismo di Derrida - per riportare solo alcuni esempi – il centro di interesse comune è l’uomo: nella storia, nella identità sociale e psicologica, nell’arte, nel manifestare una crisi di identità e di immaginazione.
Quasi in controtendenza rispetto a tutto questo nasce l’Iperrealismo: una tecnica capace di raccontare il reale, cogliendo nella liminalità delle cose ciò che resta del tempo, di una ruga, di uno sguardo, di un dettaglio. Proprio le parole “raccontare” e “identità” sono termini chiave per cogliere nell' "estetica iperrealista" una dimensione narrativa e una precisa identità rispetto alla eterogeneità e alla "libertà di significare" tipica dell'arte contemporanea.
Parlare della storia dell’arte del XX secolo e di Iperrealismo vuol dire anche attraversare la complessità della conoscenza e la contemporaneità del mondo in cui viviamo perché in fondo come sostiene il filosofo Giorgio Agambem essere “contemporaneo è, appunto, colui che è in grado di scrivere intingendo la penna nella tenebra del presente”.
Parlare della storia dell’arte del XX secolo e di Iperrealismo vuol dire anche attraversare la complessità della conoscenza e la contemporaneità del mondo in cui viviamo perché in fondo come sostiene il filosofo Giorgio Agambem essere “contemporaneo è, appunto, colui che è in grado di scrivere intingendo la penna nella tenebra del presente”.
Con l'artista Silvia Pagano, il Senatore Renato Turano, il Ministro Alfano, il Senatore Gabriele Albertini e Amadeus |